venerdì 28 settembre 2007

Particolare non trascurabile...

Francesco del Cossa - Ritratto d'uomo


Impressionante.

Questa parola mi girava per la testa ieri, quando ho deciso di viziarmi concedendomi io sola un pomeriggio culturale. Sì perchè la nuova esposizione organizzata da Ferrara Arte: Cosmè Tura e Francesco de Cossa - l'arte a Ferrara nell'età di Borso d'Este ha meritato la visita. Si tratta di una serie di opere che testimoniano la vitalità artistica e la magnificenza della corte estense a metà del '400, con uno stile che complessivamente si trova a metà tra il gotico, il rinascimento del centro Italia e l'influenza fiamminga. Vi risparmio ogni altra spiegazione tecnica, visto che si tratta di informazioni facilmente reperibili, e passo a una considerazione personale.


Ciò che veramente mi ha colpito delle opere esposte, iniziando proprio dalla Sepoltura di Cristo di Rogier van der Weyden è l'attenzione maniacale per il dettaglio. Il particolare di un ranuncolo, la leggerezza del soffione, lo scorrere delle lacrime sui volti composti. L'estrema perfezione che obbliga ad esaminare questa pittura centimetro per centimetro incontrando in ogniuno piacevoli sorprese. Il continuo, ossessivo inseguimento dell'esattezza che ritroviamo nelle miniature, nelle medaglie e nei capolavori d'oreficeria, la ricerca del particolare nelle madonne del Tura e nell'opera più aperta e franca de del Cossa. Il realistico colpo di genio di una mosca su un pezzo di carta o un surreale paesaggio sullo sfondo dove possono trovare posto un pescatore, un cavaliere, un cane...


E così, riflettendo sull'importanza del dettaglio finisco per ritrovarmi fra le mani le lezioni americane di Italo Calvino, che considera proprio l'esattezza un valore necessario per difenderci dal disordine, dalla confusione, dai deliri approssimativi del mondo contemporaneo. E assegna all'arte, e in particolare alla letteratura (visto che è il suo mestiere), la responsabilità di creare oasi di ordine nel circostante, casuale regno del caos:


"
Ma forse l'inconsistenza non è nelle immagini o nel linguaggio soltanto: è nel mondo. La peste colpisce anche la vita delle persone e la storia delle nazioni, rende tutte le storie informi, casuali, confuse, senza principio né fine. Il mio disagio è per la perdita di forma che constato nella vita, e a cui cerco d'opporre l'unica difesa che riesco a concepire: un'idea della letteratura."


Italo Calvino - Lezioni Americane, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1993

Per informazioni sulla mostra: http://www.palazzodiamanti.it/index.phtml



Impresionante.


No se decir cuantas veces esta palabra me diò vuelta en la cabeza en la tarde de ayer, cuando decidì mimar un poco mi sensibilidad dedicando algunas horas a ver cosas bellas. Ya porquè la exposiciòn organizada por Ferrara Arte con el titulo Cosmè Tura e Francesco de Cossa - l'arte a Ferrara nell'età di Borso d'Este merecìa la visita. Es una colleciòn de obras de arte que testimonian los avances artìsticos y la magnificencia del pequeNo estado de Ferrara en la mitad del 1400, con un estilo entre el gotico y el renacimental con largas influencias flamencas.



Pero lo que para mi hace esta exposiciòn impactante ha sido la atenciòn maniacal por el detalle que habìa en aquellas pinturas, empezando por la Sepultura di Cristo de Rogier van der Weyden, merecìa la pena entrar en el cuadro asì, examinarlo centìmetro a centìmetro, para encontrar infinitas sorpresas. La precisiòn de una flor, de las hierbas pintada una por una, de los bordados de las capas, de las lagrimas en las caras. la obseciòn por la exactitud que continùa en las medallas, en las miniaturas, el la rica orfebrerìa. Y logicamente en las obras metàlica de Cosmè Tura y en las màs dulces de Francesco del Cossa. PequeNas genialidades como una mosca encima a un trozo de papel o sugestiones de paisajes de ficciòn donde nos sorprende ver un caballero, un pescador, un perro.


Y reflexionando sobre la exactitud recordè que Italo Calvino la habìa puesta en su libro "lezioni americane" como un valor literario para defendernos del caos ruidoso, vacìo, aproximatìvo del mundo de hoy. La exactitud del arte frente a este mundo desenfocado.

sabato 22 settembre 2007

Machismo made in Jap



Immaginatevi una serie di omoni corpulenti. E immaginatevi che sia sufficiente una donna per metterli in crisi. Questo in breve quello che è capitato in Giappone, dove una donna (probabilmente una squilibrata, ma il dettaglio non è importante) ha osato salire sul "dohyo", il ring dei lottatori di sumo.

"State calmi, non è successo niente!", questa la prima reazione. Infatti quello che doveva succedere era una contaminazione del campo a causa della naturale impurità delle donne. Mica cosa da niente. Si doveva rifare il campo, cambiare la sabbia ecc. ecc. Magari darci anche un po' di acqua santa alla maniera del vecchio Trap. Insomma un lavorone.

A parte gli scherzi si sa che il machismo non è solo una prerogativa dei popoli mediterranei e latini ma che è una costante un po' ovunque nel mondo. La cosa strana è che anche le donne praticano il sumo, una disciplina chiamata "shinsumo" che, anche se ancora in giappone non è riconosciuto come sport professionistico, è in continua espansione. Tanto rumore per nulla? Mah, le tradizioni son sempre tradizioni. Machiste.



Imaginaos un grupo de hombres tamaNo armario. E imaginaos que sea suficiente una sola mujer para ponerlos a todos en crisis. Esto es màs o menos lo que ha pasado en Japòn, donde una mujer (probablemente desequilibrada, pero esto es un dettalle nada importante) ha tenido la osadìa de subir en el "dohyo", el campo de los luchadores de sumo.

"Tranquilos, no ha pasado nada!" esta la primera reacciòn. Ja porquè lo que habìa podido pasar era de no poder utilizar el dohyo por ser contaminado por la presencia impura de una mujer. Y asì reacer el ring, cambiar la arena, o quizà hacer como Trapattoni en el mundial de Corea-Japon: regar el campo con un poco de agua bendita... De todo modo un gran trabajo.

Dejando de bromas, ya sabemos que el machismo no es una prerrogativa de los pueblos mediterraneos o latinos. Lo que es raro es que las mujeres ya practican el sumo, precisamente una disciplina llamada"shinsumo" que si no es reconocida como deporte, de todo modo es in continua expansiòn.

Que màs decir? Las tradiciones son tradiciones. Machistas.

venerdì 21 settembre 2007

Paure...

Amazzone ferita - Musei Capitolini

Oggi parlo della storia di una ragazza: Deborah Lindner.

Deborah è un po' più vecchia di me, ha 33 anni. E ha una madre che è sopravvissuta al cancro al seno.
Deborah ha scoperto con una indagine genetica che ha il 50% di probabilità di contrarre il cancro al seno. Questo da molti potrebbe essere considerato una fortuna: lei lo sa, si può preparare, può stare in guardia.
Però per Deborah inizia la paura. Inizia a fare dei controlli però quando li fa è terrorizzata dall'idea che "questa volta" ci sia qualcosa.
A 33 anni decide di togliersi il seno e ricostruirlo chirurgicamente. Decide di rinunciare a una parte di se, al momento perfettamente sana, di sostituirla con qualcosa non suo per non giocarsi la malattia a testa-o-croce.

Appena ho conosciuto la storia di Deborah ho pensato che fosse una pazzia da americani. Ho pensato che se prevenire ha un senso, curarsi anticipatamente, prima di essere malati è un controsenso. In fondo non è detto che si ammali, e se dovesse contrarre il cancro non è detto che non possa affrontare la cura con successo.

Ciò per cui cerca la cura Deborah è la sua paura. E allora mi sono chiesta: davvero io potrei vivere serena accettando il mio destino, qualunque sia? Davvero non cercherei di evitare la paura?

Davvero non ci capita mai di rinunciare a qualcosa per paura?

Qui mi fermo. Se qualcuno vuole conoscere meglio la storia di Deborah può leggerla sul New York Times:
http://www.nytimes.com/2007/09/16/health/16gene.html?pagewanted=3&ref=health



Hoy hablo de la historia de una chica, Deborah Lindner. Una chica poco mayor que yo, que ha visto su madre sobrevivir al cancer.
Investigando sus genes Deborah ha descubierto que tiene el 50% de probabilidad de contraer el cancer de mama. Podemos decir que esto, para ella, es un golpe de suerte. Ahora lo sabe, puede prepararse, puede controlarse.
Pero esto a Deborah non le quita el miedo, al contrario. Cada vez que acude a un control tiene màs miedo, tiene el miedo que "esta vez" haya algo...
Asì que a los 33 decide de pasar por el quirofano, sacarse el pecho y reemplazarlo por uno artificial. Decide renunciar a una parte de sì perfectamente sana hasta este momento, para no jugar a cara o cruz con la enfermedad.

Cuando he conocido la historia de Deborah he pensado que se tratara de una locura de americanos. Claro que la prevenciòn tiene sentido pero curarse ante de enfermar no ne tiene ninguno. Al final podrìa no tener cancer en toda su vida o podrìa curarse sin problema y tener una vida casi normal.

Creo que la verdadera enfermedad contra que lucha Deborah es su miedo. Y asì me he preguntado: de verdad yo en su lugar podrìa vivir con tranquilidad dìa a dìa, aceptando mi destino? De verdad no buscarìa huir del miedo?

De verdad no nos pasa de renunziar a algo por culpa del miedo?

Aquì paro. Para quien quiera la historia de Deborah està en el New York Times: http://www.nytimes.com/2007/09/16/health/16gene.html?pagewanted=3&ref=health

giovedì 20 settembre 2007

Pavarotti era un cantante...

Qui viene ricordato da uno che gli è passato abbastanza vicino:


I monitor da cui esce la sua voce sembrano scoppiare e io, cantando sotto, mi
sento minuscolo, anzi, non mi sento affatto.
Le parole del ritornello,
attraverso lui, sembrano passare dal corsivo al grassetto sottolineato.
Anche orchestra e gruppo sembrano in difficoltà di volume rispetto a lui.
Come in una famosa gag di Jerry Lewis, ecco, capisco che se mi avvicino un altro po’,
Pavarotti mi spettina.
Ma non basta.
Ultimo refrain.
…ci vediamo da
Mario prima o pOOOOOOOOOOOOOOOOIIIIIIIII!
Quel POOOOOOIIII è un la in cui Pava, a suo agio, si può esprimere come vuole.
E allora va…
[…]
Quindi lui, l’orchestra e noi finiamo di colpo.
C’è l’attimo in cui il mondo si risistema.
E poi la gente che dimostra di avere molto apprezzato.
E io che ci metto qualche anno a smaltire la pelle d’oca.

Luciano Ligabue - Fuori e dentro il borgo, Baldini&Castoldi, Milano, 1997


Così Ligabue ricorda Pavarotti, e così mi piacerebbe fosse ricordato.

A me personalmente Pavarotti non è che fosse particolarmente simpatico, ma questo non era importante.

L'importante è che era una gran voce, di quelle che riconosci subito, di quelle che dici "è lui, è il migliore" e non devi convincere nessuno perchè tutti sanno che è così e basta.

Però adesso, dopo la sua morte, ci sono un po' di cose che mi danno un po' fastidio.

Perchè si parla, e troppo.

Quelli che sono stati al funerale.
Gli amici che lo ricordano e quelli che sono stati più amici degli altri.
Le ultime volontà cioè il testamento cioè a chi è che va la grana...


Intanto giornali, case discografiche e negozi di dischi si fregano le mani per far fuori qualche avanzo di magazzino.


Uno come Big Luciano merita un monumento. E invece è un grosso pezzo di pane su cui si affannano milioni di formiche...




Las palabras de antes son de Luciano Ligabue, un cantante muy popular en Italia, o sea, uno que no tiene problemas a llenar los estadios. El tuvo ocasiòn de cantar con el "Big Luciano" y es asì que lo recuerda.

Y es asì que yo, y creo todos los a quien de verdad le gusta la musica, queremos que sea recordado.

Porquè aquì està pasando algo.

Hay mucha gente que habla, y habla demasiado.

Se mira quien ha ido al funeral, hablan los amigo y los que son aùn màs amigos. Se habla del testamento, de quièn, al final se quedarà con el dinero, con la pasta. Y seguro que en algunas tiendas ya estàn pensando a quanto mejor se venderà la lirica en el proximo mes. Y todo esto me parece extremadamente triste.

Big Luciano se merecìa una estatua, un monumento.

En cambio lo han hecho un trozo de pan con encima un milliòn de hormiguitas.

Addii - Despedidas

Umberto Boccioni - Gli Addii

E' un inizio un poco strano, lo ammetto, ma il mio blog inizia proprio con una serie di addii. Un addio ad un anno di Erasmus, che mi ha portato un po' di esami fatti e un po' di amicizie nuove (e vediamo quante di queste dureranno) . Un addio ad un Paese, la Spagna che mi ha offerto molto e dove spero di tornare al più presto. Un addio ad un periodo in cui mi sono messa alla prova e in cui ho vinto un equilibrio nuovo e la consapevolezza di poter sopravvivere a questa cosa complicata che è la vita. E infine un addio ad un uomo che mi ha lasciato oltre al cuore ferito di fresco, qualche libro e qualche canzone, una buona matassa di ricordi e la ispirazione a mettere su un blog.


E questo in breve, e così mi ritrovo a tornare a casa e a dover ricominciare di nuovo da zero, con accanto gli amici di sempre, la famiglia di sempre (ovviamente), e con la paura di tornare a quelle vecchie logiche che volevo superare.


Però è così, ci si alza, si sale su un treno nuovo, si riparte. E davanti al finestrino arrivano i ricordi, belli e dolorosi, e insieme arrivano nuove strade, nuovi paesaggi, nuove cose, nuove persone che incrociano la nostra strada. Un nuovo giorno che ancora non sappiamo cosa porterà. Ma è la vita, e chiama, di nuovo.




Puede parecer un poco estraNo, pero mi blog empieza con una serie de despedidas. Me despido de un aNo de Erasmus, que me ha puesto en el bolsillo algunos examenes aprobados y en el corazon algunas amistades màs (y a ver cuanto van a durar). Me despido de un Paìs, EspaNa, que me ha ofrecido muchisimo. Me despido de un periodo en que he desafiado a mi misma y en que he vencido un equilibrio nuevo y las pruebas de que puedo sobrevivir a aquella cosa complicada que es la vida. Y me despido de un hombre, que ademàs de algunas heridas nuevas que hacen doler el corazon, me deja un par de libros y canciones, un bulto de recuerdos y la inspiraciòn a crear este blog.


Asì es, y pasa que tengo que volver a casa a empezar de nuevo desde cero, con los amigos de toda la vida, la familia de toda la vida (obviamente), y el miedo a volver a algunos viejos mecanismos que querìa tener por superados.


Pero las cosas estan asì: se se levanta, se coge otro tren y se parte de nuevo. Y delante de la ventanilla pasan los recuerdos, bonitos y dolorosos y juntos llegan nuevos paisajes, nuevas cosas y personas nuevas a cruzar nuestro camino. Es un nuevo dìa que todavìa no sabemos que nos va a traer.

Es la vida, y llama, de nuevo.