domenica 26 dicembre 2010

Pubblicità ingannevole




Notte fonda e niente da fare. Così faccio un giro su di un sito che, stranamente, viene molto pubblicizzato in tv, Forum Nucleare Italiano (www.forumnucleare.it). E altrettanto "stranamente" viene suggerito da Google appena si ricerca qualcosa con la parola "nucleare".

In soldoni la pubblicità (con tanto di elegante partita a scacchi) e la prima pagina del sito promettono un luogo di scambio e di confronto sul tema del nucleare, e ci si aspetta che si tratti del pro e del contro con argomenti quali le fonti alternative, l'indipendenza energetica, sicurezza, scorie ecc. In particolare (badate bene) il sito si rivolge a chi ancora non ha una opinione definita (al nutrito popolo degli italici indecisi insomma). E ad un primo acchito il forum sembra mantenere le promesse, presentando e mettendo a confronto autorevoli opinioni pro e contro.
Poi se andiamo a vedere lo spazio dedicato ai lettori (sotto il nome "dì la tua") una serie di tematiche sembrano appoggiare la posizione pro-nuclearista, ma magari sono io che sono prevenuta, mi dico....

Cerco allora di capire cos'è di preciso questo "forum", con una pagina web così ben disegnata e con a disposizione tanti fondi da poter permettersi di pagare spazi pubblicitari sui principali canali televisivi in prima serata. Vi è una pagina dedicata. Per comodità cito solo le prime righe:

Il Forum Nucleare Italiano è un’associazione no-profit che vuole contribuire, come soggetto attivo, alla ripresa del dibattito pubblico sullo sviluppo dell’energia nucleare in Italia.

No-profit.
Mia nonna mi diceva sempre "nisuni fa gnente par gnente".
Andiamo allora a leggere le cose "scritte in piccolo" e ad aprire il pdf con lo statuto. Il quadro che emerge è un po' diverso.

Intanto veniamo a sapere chi ha messo in piedi la baracca: si tratta di ENEL e EDF, Electricité de France (che oltretutto controlla Edison). Dal sito di EDF apprendo anche che ENEL e EDF hanno fondato una società con il compito di realizzare studi di fattibilità e progettare 4 centrali nucleari. E che questa società è frutto degli accordi tra Italia e Francia del 2009, ovvero della premiata ditta Berlusconi-Sarkozy. Non esattamente dei disinteressati specialisti del no-profit.

Poi apprendiamo le vere intenzioni dei fondatori, non solo (e non tanto) promuovere un onesto dibattito, ma...


promuovere l'informazione e il dibattito sull'energia nucleare, attraverso la promozione di incontri, conferenze e seminari organizzati dall'Associazione, in modo tale da incrementare il consenso all'utilizzo dell'energia nucleare e da creare consapevolezza dei benefici. [...] sostenere il nucleare come una delle soluzioni possibili dell'equazione energetica.


Vediamo infine come pensano di raggiungere tali onestissimi obiettivi divulgativi. Attraverso un "comitato scientifico" ovviamente non indipendente ma che deve fornire tutto il supporto necessario a tale opera di convincimento:

Il Comitato Scientifico è nominato dal Consiglio Direttivo, che ne designa anche il presidente. [...] Il Comitato Scientifico svolge funzioni consultive e propositive ed è coordinato dal presidente, che ne regola le attività ed il programma. Esso opera secondo le indicazioni del Consiglio Direttivo, cui fornisce regolarmente indicazioni, pareri e raccomandazioni sui temi di rilevanza scientifica e di interesse per le attività dell'Associazione.

Insomma, con la scusa di aprire dibattiti, tavoli di discussione, spazi di informazione si aprofitta per diffondere opinioni e studi scientifici, per carità, sicuramente accurati e veritieri, ma che costituiscono un tentativo di plasmare l'opinione pubblica con l'uso improprio di parole come "forum" e "No-profit". Due giganti della produzione energetica e interessati ad investire sul nucleare che si nascondono dietro al fuscello di una associazione per fare i propri interessi, consapevoli che, oggi come oggi, il più grande ostacolo al nucleare in Italia è rappresentato (fortunatamente) da una opinione pubblica massicciamente contraria. E che aprofittano di mezzucci per cercare di prepararsi il terreno.
E visto che io non sono democratica suggerisco a coloro che, come me, sono contro il nucleare di non prestarsi a questi giochetti e a boicottare e far boicottare il sito. A coloro che invece non la pensano come me e agli indecisi suggerisco la visione di un bel servizio di Report a riguardo. Loro non ricevono finaziamenti da multinazionali, a quanto mi risulta.

Report L'INGANNO

mercoledì 8 settembre 2010

Chi paga per la crisi:

2.

Crisi non solo politica ma come ben sappiamo pure economica. Crisi che a volte rappresenta pure una scusa, visto che in Serbia o in Polonia il costo del lavoro sarebbe stato comunque più basso, e gli aiuti di stato sempre allettanti.

Il mondo industriale s'è comunque unito come un sol uomo attorno al golf blu di Marchionne. E Federmeccanica ha deciso di disdire il contratto sindacale del 2008, visto che tanto c'è quello del 2009.
Contratto che la Fiom non ha firmato. E potrebbe starci una questione di principio per l'operaio che aderisce alla Cigl e viene ad essere sottoposto ad un contratto che non lo rappresenta. Ma il fatto è che il mondo industriale richiede un arretramento dei diritti della classe operaia per avere aziende più competitive. E per far questo usa il pretesto, e il ricatto, della crisi economica.

Copio dall'Unità il commento di Vendola, che al solito riesce a spingere il suo sguardo un po' più lontano di altri:

«Marchionne - osserva Vendola - colloca in Italia una battaglia che ha sempre meno a che fare con obiettivi di competitività e produttività. Sembra una battaglia di ridefinizione degli assetti politici e culturali di questo Paese e questo è possibile perchè c'è un governo che invece di fare l'arbitro è sceso in campo e ha preso a calci negli stinchi i lavoratori».

Chi paga per la crisi:

1.

Come sappiamo il governo è in crisi. Una crisi nascosta, fetente e traditrice come la cioccolata bollente sotto la pellicina fredda. Elezioni sì o no, meglio prepararsi e dare un'attizzatina al fuoco mai spento delle campagne elettorali.
Così la destra leghista (mirabile accostamento cromatico verde nero) torna ai suoi cavalli di battaglia, cavalcando razzismo e xenofobia. E soprattutto si sente in dovere di non esser da meno del vicino francese. Così che daje allo zingaro, daje all'immigrato e pure daje al barbone.

No, non credo di esagerare, queste le parole di Alemanno, reduce dall'incontro con Maroni:

Bisogna fare in modo che quando ci sono situazioni di vagabondaggio, di degrado assoluto, ci sia un trattamento sanitario che sia realmente obbligatorio per allontanare queste persone dalle strade della citta

Ora il TSO è una forma di ricovero coatta attuata verso chi è riconosciuto malato di mente. E basta una veloce e banale ricerca sulla solita wikipedia per appurare che per il TSO è necessario non solo che il malato riconosciuto tale rifiuti le cure ma che pure costituisca un problema non solo per sé ma per chi gli sta intorno.

Penso ci siano molti motivi per cui una persona si ritrovi ad essere un senzatetto: situazioni di povertà, di crollo psicologico, di disillusione nei confronti della vita, di consapevole rifiuto delle leggi implicite ed esplicite che governano la nostra società. Credo sia un dovere umano e sociale offrire aiuto a queste persone. Sono convinta però che sia diritto di queste persone accettare o rifiutare l'aiuto e le cure che vengono loro offerti.

Considerare i senzatetto malati di mente, senza il diritto di decidere per sé, e costringerli al TSO allo scopo di allontanare queste persone dalle strade della città è per me una proposta che posso solo definire fascista. Com'è, guarda caso Gianni Alemanno.

venerdì 23 luglio 2010

Core de mamma


Eccomi qua. Da due giorni felice grazie all'ultimo regalino che mi sono fatta. Sarà che si tratta di un acquisto meditato, sarà che ci ho investito i miei sudati risparmi ("ben" 360 euro), fatto sta che del mio piccolo sono orgogliosa ogni secondo di più.


Il mio Lenovo Ideapad S12



Appartiene alla razza dei netbook, anche se è di quelli cresciutelli (schermo da 12"). Marca Lenovo, che a sentire il mio rivenditore di fiducia "i Lenovo non si rompono mai..." (e io faccio le corna). Grande come un foglio da formato A4, pesa come una bottiglia d'acqua (1k e 1/2 circa). L'ho voluto con l'xp e col Bluetooth (che d'accordo basta una chiavetta ma avrei finito per non comprarla e non mi voglio complicare la vita per scaricarmi una foto dal cell). E ho ancora diverse cosette da provare. E prevedo diventerà presto il mio compagno di viaggio preferito.




martedì 27 aprile 2010

Esplorazioni


Vi vorrei parlare della mia ultima lettura: il romanzo Azazel, scritto dallo studioso egiziano Youssef Ziedan, vincitore del premio internazionale per il miglior romanzo in lingua araba del 2008. L'ho letto perché m'è presa la voglia di esplorare nuovi orizzonti letterari e di capire qualcosa di più sulla cultura araba. L'ho letto anche perché era ben recensito dall'"Internazionale" e perché ha vinto l'importante premio di cui sopra (i premi di per sè non sono una garanzia ma almeno evitano le cantonate).

Devo dire che mi è piaciuto. Ben scritto, in prima persona come una biografia, riesce a tratteggiare bene il protagonista senza tuttavia farne un eroe ma mostrandone i limiti (ed è apprezzabile che l'autore non abbia coccolato troppo il suo personaggio). Un uomo che nelle mille traversie della propria vita, riuscirà infine a ritrovare se stesso attraverso il proprio "demone", nell'acquisto e nella perdita di punti di riferimento e nella scoperta della propria volontà.

Le vicende sono ambientate tra l'Egitto e la Turchia, nel 400 d.C., epoca storica che sta diventando "di moda" anche grazie alla riscoperta della figura di Ipazia (con il film Agorà) di cui si parla anche nel libro. Molto più interessante è però che si parli del dibattito di quegli anni sul cristianesimo, sui problemi dell'ortodossia, sulla trinità e sulla natura di Cristo, e che si parli dei movimenti eretici come l'Arianesimo, scontro religioso che era anche scontro di potere e politico. Libro che, in ogni caso, suscita curiosità di natura teologica, senza peraltro risultare pesante alla lettura.

Certo, all'inizio è strano leggere un libro che parla di cristianesimo scritto da un musulmano, e forse può suonare come leggere un libro sull'Italia scritto da un inglese (e Camera con vista, col suo stile british, è di una freschezza impareggiabile). Ma dato il curriculum dello studioso le ricerche devono essere state sicuramente serie e approfondite.

Insomma, un buon libro.

In Italia è uscito quest'anno, edito da Neri Pozza, con traduzione dall'arabo di Lorenzo Declich e Daniele Mascitelli. E ve lo dico perché così ho la scusa di linkarvi il blog di Declich, che se vi interessa l'attualità e la cultura araba direi che è il caso di buttarci un occhio.

http://30secondi.wordpress.com/

lunedì 26 aprile 2010

Antifurto


Come si dice? troppo bella per non metterla...





(... E funziona anche contro le multe!)

mercoledì 31 marzo 2010

Intercultura

Scambio di battute tra me e un mio studente:

- Professoressa, la settimana prossima non c'è scuola
- Lo so, lo so che siete in vacanza... La scuola in Italia è tutta una vacanza...
- Anche in Marocco è così!

giovedì 18 febbraio 2010

Kit di sopravvivenza

Sopravvivere a quel regno di Moccia che è San Valentino è durissima. Doversi poi pippare il baraccone nazionalpopolare (con tanto di principino) sanremese, e per di più senza Gialapas e restando sani di mente sembra una mission impossible. Però ci sono cose nella vita che un tantino aiutano...



Che poi questa canzone fa pensare a quanto possano essere difficili e poco zuccherosi e sostanzialmente imprevedibili i rapporti a due. E aggiungerei per fortuna.

domenica 24 gennaio 2010

Già che c'ero...

Visto che ho fatto la fatica di tradurre un intero articolo da El Paìs ve lo posto. Tratta di maschilismo e di come "nella cattolicissima Spagna" sembra abbiano le idee più chiare in proposito. La traduzione l'ho fatta per le compagne di Femminismo a Sud (con cui ogni tanto litigo pure) , e lo troverete anche lì. In caso di strafalcioni correggetemi.



Tribuna: Amparo Rubiales

Il Neomaschilismo

Non avremmo mai pensato, quando la nostra democrazia scelse di fondarsi, tra tutti i principi, su quelli di libertà e di uguaglianza, che per noi sarebbe stato più difficile realizzare il secondo, e che la paura della libertà di cui scrisse Eric Frömm non era nulla paragonata alla paura dell’uguaglianza, più generalizzata e più radicata.

Coloro che difendevano “i valori” della società patriarcale, per quanto lo facessero nei modi più diversi, venivano complessivamente definiti “maschilisti”. Questi iniziarono ad essere giudicati in modo negativo, e coloro che così si descrivevano apparentemente iniziarono a diminuire. Ma da quando la parità ha iniziato a concretizzarsi maggiormente, costoro hanno iniziato a formulare nuovi argomenti che, apparentemente, non mettono in discussione il principio di uguaglianza, ma ne questionano l’applicazione, con idee che, in alcune occasioni, possono sembrare addirittura “ragionevoli”. Sembrano diverse da quelle di sempre nonostante, in fondo, mirino ad ottenere lo stesso risultato: la sottomissione della donna.

Miguel Lorente, nel libro intitolato Los nuevos hombres nuevos. Los miedos de siempre en tiempo de igualdad, sostiene che il genere maschile ha ordito nuove trame per difendere la propria posizione di potere, basate su presunti problemi che l’inserimento della donna nella vita attiva avrebbe portato, in modo particolare, nell’ambito delle relazioni famigliari. A questa nuova strategia Lorente dà il nome di postmaschilismo, in quanto nata nel contesto della postmodernità, nonché per aver mantenuto, dalle sue prime manifestazioni, una certa distanza dalle posizioni classiche del maschilismo o del patriarcato.

Ciò nonostante, e per quanto ritenga assolutamente corretta ogni sua argomentazione, credo sia più corretto denominare questa nuova forma di pensiero come neomaschilista, poiché si sta sempre più trasformando in una nuova ideologia che si va espandendo e che si caratterizza, in particolare, per temere l’uguaglianza. È un nuovo modo di sostenere le posizioni maschiliste di sempre, ma attraverso nuovi discorsi e con nuovi contenuti. Per fare un esempio, in maniera analoga, nessuno oggi si dichiarerebbe apertamente fascista, ma è evidente che per alcuni vi è oggi un nuovo modo di esserlo, e costoro vengono definiti neofascisti.

I neomaschilisti equiparano il femminismo al maschilismo, cercando così di confondere qualcosa di estremamente chiaro. Infatti maschilismo e femminismo ricercano finalità opposte: il primo la predominanza del maschio e il secondo l’uguaglianza tra uomini e donne. La differenza è così evidente che non varrebbe la pena spiegarla, se solo il maschilismo non tentasse di confondere le acque allo scopo di mantenere meglio le proprie nuove posizioni, dirette, come sempre, a mettere in discussione i diritti delle donne, la loro autonomia e l’indipendenza che hanno raggiunto. I neomaschilisti, così dicono, non mettono in discussione la parità, ma le conseguenze della sua applicazione; sono contro la violenza di genere ma affermano ripetutamente, ad esempio, che vi sarebbero troppi casi in cui tali denunce si rivelano false, senza aggiungere che, se così fosse, ci si troverebbe davanti ad un reato che, come qualsiasi altro, andrebbe denunciato.

Vi è qualche giudice le cui affermazioni davvero fanno paura – non voglio fare nomi perché so che la persona in questione ne trarrebbe soddisfazione -, ma vi sono, disgraziatamente, troppi teorici del neomaschilismo – e tra questi anche qualche donna – che ogni giorno salgono alla ribalta e che è nostro dovere smascherare, così come in passato abbiamo fatto con i maschilisti.

Considerano l’uguaglianza come una minaccia, non per loro ma nei confronti delle relazioni sociali e inaspriscono la relazione fra i sessi al livello più estremo: la violenza di genere. Il femminismo è da sempre ridicolizzato e oggi torna ad esserlo con forza. Così i neomaschilisti parlano di vendetta di genere, di femminismo risentito (frustrato), dogmatico o radicale, senz’altra intenzione che di poter di nuovo “demonizzarlo”.

Sono manifestazioni di questa “paura dell’uguaglianza” che i neomaschilisti cercano di diffondere in diversi modi: ad esempio “santificano” l’allattamento materno, colpevolizzando le madri che non possono praticarlo; attribuiscono alle madri la responsabilità dei problemi dei minori, con la teoria del “nido vuoto” (potremmo dire “della madre assente” o di carenze educative); e dell’aborto neanche a parlarne, sembra si faccia per capriccio. Nessuno di loro afferma apertamente di essere contro la parità, ma affermano che, al contrario, siamo noi donne quelle che stanno costruendo una società con gravi problemi di convivenza, questo come conseguenza diretta del nostro bisogno di essere libere e uguali. Non riescono a capire che senza uguaglianza la libertà non può esistere, che quella o è reale o non è uguaglianza e che la democrazia le esige entrambe.

Noi donne da sempre abbiamo dovuto conquistare cose a cui gli uomini avevano diritto dalla nascita; ci relegarono alla realtà del privato e siamo riuscite ad ottenere – con gli sforzi di anni – parti di spazio pubblico, ma sempre a costo della nostra vita privata. Gli uomini, a cui era destinata come propria la realtà pubblica, l’hanno mantenuta, e la loro integrazione nella realtà del privato si sta realizzando in misura molto minore. Da qui le resistenze alla parità che permangono – nonostante i molti passi avanti che abbiamo compiuto – soprattutto nei paesi sviluppati, visto che in molti altri tuttavia si continua con il burka, il maggior simbolo delle discriminazioni che le donne sono costrette a soffrire.

Dobbiamo farla finita con tutti i burka del mondo, sapendo affrontare con la stessa decisione le vecchie questioni e queste nuove – e più sottili – del neomaschilismo.

Amparo Rubiales es profesora de Universidad, abogada y consejera de Estado.

Amparo Rubiales è professoressa universitaria, avvocato e consigliere di stato.

sabato 23 gennaio 2010

Non bastano i tagli




Evidentemente non bastavano i tagli introdotti in ossequio all'economia, sulla scuola si stanno addensando nuvole molto preoccupanti. Riporto tre notizie di questi giorni.

La prima è la riduzione e in alcuni casi la scomparsa dello studio della geografia. cosa che non può che aumentare in maniera esponenziale il tasso di ignoranza. Perché studiare la geografia non vuol dire impararsi a memoria gli affluenti del Po. e non significa neppure studiare una serie di cose noiosissime che si possono ritrovare agevolmente in qualsiasi atlante. No, la geografia è una interpretazione dei fatti attuali, la geografia arriva dove la storia non riesce ad arrivere. Non puoi spiegare i flussi migratori senza geografia, non puoi capire la situazione israelo-palestinese senza una cartina in mano. Non puoi capire ciò che succede nel mondo se non sai tener conto degli indicatori demografici, della situazione religiosa, della ripartizione delle risorse e delle attività economiche prevalenti e questa è la geografia. E togliere questa disciplina vuol dire privare i giovani di una importante chiave di lettura per il mondo.

La seconda notizia riguarda in particolare Caserta. E i deliri che provoca il razzismo e l'insicurezza propagandata ad arte che finiscono per ripercuotersi sulla società e sulla scuola. Leonardo, sul blog e sulla stessa Unità ha già spiegato come il tetto del 30% sia una trovata più propagandistica che altro, ma in questo caso vediamo come possa essere strumentalizzata.
La prefettura di Caserta ha infatti dato ordine al locale Ufficio Scolastico Provinciale (il vecchio provveditorato agli studi) affinché ogni scuola raccolga e invii i dati sulla presenza di alunni stranieri e sulla dispersione scolastica.

La Prefettura vuole le schede compilate che riguardano gli studenti che sono a scuola dal 2007-2008 fino ad oggi. E ben classificate sulla provenienza tra stranieri di recente immigrazione (ultimi 3 anni); straniero di seconda generazione (nati in Italia da genitori stranieri); straniero non accompagnato; alunno comunitario (dell'Unione Europea) e infine l'elenco dei nomadi. Nonchè dati sulle difficoltà riscontrate di ogni alunno, con la specifica sulla conoscenza della lingua italiana, l'accettazione tra le culture diverse e la partecipazione degli stessi agli interventi didattici di integrazione, accoglienza e recupero.
Perché tutto ciò debba interessare la prefettura resta un mistero. Perché debba interessare una prefettura in piena terra di camorra ancor di più...

L'ultima sconsolante notizia riguarda il ministro Sacconi e la decisione di rendere possibile sostituire l'ultimo anno dell'obbligo scolastico (a 15 anni) con una esperienza di apprendistato. Norma che ci riporta quasi al dopoguerra.
Consideriamo però che la dispersione scolastica è un fenomeno che affligge maggiormente le famiglie con minor reddito e di minor livello culturale (una famiglia in cui i genitori hanno un alto titolo di studio e/o sufficienti risorse generalmente non accetta che un figlio smetta di studiare dopole medie). E le cose stavano così anche quando le medie le frequentavo io.

Dobbiamo inoltre ricordare che ormai il raggiungimento del diploma (anche di un istituto professionale, non pretendo che tutti vogliano diventare ingegneri) rappresenta una discriminante fondamentale per entrare nel mondo del lavoro. Un diploma serve per fare l'operaio o l'elettricista o il parrucchiere. Il diploma serve per un qualsiasi concorso pubblico. Senza diploma la prospettiva è di fare lavori pericolosi, usuranti, di manovalanza.

Consideriamo allora tra i ragazzi i più poveri, quelli con maggiori difficoltà all'interno della famiglia, che sono poi quelli con maggiori difficoltà a livello scolastico. E consideriamo tra questi quelli con più problemi, che provengono da un paese straniero, che hanno genitori con basso reddito e bassa istruzione. Ragazzi per cui un anno in più diventa fondamentale anche per imparare la lingua e potersi integrare nel nostro paese. E che rischiano di essere spinti a lavorare dalle necessità della famiglia.

Insomma, mi preoccupo per i miei ragazzi.

Stiamo costruendo le nostre banlieue.


venerdì 8 gennaio 2010

Grammatica

Ieri mi sono regalata un nuovo libro. Il romanzo L'eleganza del riccio di Muriel Barbery, un bestseller da cui è stato tratto un film ora nelle sale. Del resto da quando ho scoperto (grazie e ancora grazie al Vanni) Daniel Pennac sto rivalutando ampliamente i francesi in quanto depositari di (per me) insospettabile ironia.

Veniamo al dunque: non è un libro facile. Tra le altre cose parla di filosofia (cosa che ormai ho già perdonato a Kundera e alla sua leggerezza dell'essere, e non se ne parli più), di arte (ma non gli perdono di preferire le nature morte fiamminghe alla pittura italiana del '400), di cinema. Volendo fargli le pulci dopo una prima lettura, personalmente avrei dato alla giovane Paloma un linguaggio più semplice, più adatto alla sua età e che avrebbe sottolineato di più l'impostazione a due voci. Ma il libro è bello, mi ha fatto sorridere e commuovere e mi sto apprestando ad una seconda lettura per entrare bene nel dettaglio.

Ma questo libro merita anche una citazione (e già di per sé è un titolo di merito...). Vi ho trovato una stupenda definizione di Grammatica che rivenderò il prima possibile ai miei studenti/cavie.

Io credo che la grammatica sia una via d'accesso alla bellezza. Quando parliamo, quando leggiamo o quando scriviamo, ci rendiamo conto se abbiamo scritto o stiamo leggendo una bella frase. Siamo capaci di riconoscereuna bella espressione o uno stile elegante. Ma quando si fa grammatica, si accede a un'altra dimensione della bellezza della lingua. Fare grammatica serve a sezionarla, guardare come è fatta, vederla nuda, in un certo senso. Ed è una cosa meravigliosa, perché pensiamo: "Ma guarda un po' che roba, guarda un po' come è fatta bene!", "Quanto è solida, ingegnosa, acuta!"

Muriel Barbery, L'eleganza del riccio, Roma, Edizioni e/o, 2007, p. 152