mercoledì 8 settembre 2010

Chi paga per la crisi:

2.

Crisi non solo politica ma come ben sappiamo pure economica. Crisi che a volte rappresenta pure una scusa, visto che in Serbia o in Polonia il costo del lavoro sarebbe stato comunque più basso, e gli aiuti di stato sempre allettanti.

Il mondo industriale s'è comunque unito come un sol uomo attorno al golf blu di Marchionne. E Federmeccanica ha deciso di disdire il contratto sindacale del 2008, visto che tanto c'è quello del 2009.
Contratto che la Fiom non ha firmato. E potrebbe starci una questione di principio per l'operaio che aderisce alla Cigl e viene ad essere sottoposto ad un contratto che non lo rappresenta. Ma il fatto è che il mondo industriale richiede un arretramento dei diritti della classe operaia per avere aziende più competitive. E per far questo usa il pretesto, e il ricatto, della crisi economica.

Copio dall'Unità il commento di Vendola, che al solito riesce a spingere il suo sguardo un po' più lontano di altri:

«Marchionne - osserva Vendola - colloca in Italia una battaglia che ha sempre meno a che fare con obiettivi di competitività e produttività. Sembra una battaglia di ridefinizione degli assetti politici e culturali di questo Paese e questo è possibile perchè c'è un governo che invece di fare l'arbitro è sceso in campo e ha preso a calci negli stinchi i lavoratori».

Chi paga per la crisi:

1.

Come sappiamo il governo è in crisi. Una crisi nascosta, fetente e traditrice come la cioccolata bollente sotto la pellicina fredda. Elezioni sì o no, meglio prepararsi e dare un'attizzatina al fuoco mai spento delle campagne elettorali.
Così la destra leghista (mirabile accostamento cromatico verde nero) torna ai suoi cavalli di battaglia, cavalcando razzismo e xenofobia. E soprattutto si sente in dovere di non esser da meno del vicino francese. Così che daje allo zingaro, daje all'immigrato e pure daje al barbone.

No, non credo di esagerare, queste le parole di Alemanno, reduce dall'incontro con Maroni:

Bisogna fare in modo che quando ci sono situazioni di vagabondaggio, di degrado assoluto, ci sia un trattamento sanitario che sia realmente obbligatorio per allontanare queste persone dalle strade della citta

Ora il TSO è una forma di ricovero coatta attuata verso chi è riconosciuto malato di mente. E basta una veloce e banale ricerca sulla solita wikipedia per appurare che per il TSO è necessario non solo che il malato riconosciuto tale rifiuti le cure ma che pure costituisca un problema non solo per sé ma per chi gli sta intorno.

Penso ci siano molti motivi per cui una persona si ritrovi ad essere un senzatetto: situazioni di povertà, di crollo psicologico, di disillusione nei confronti della vita, di consapevole rifiuto delle leggi implicite ed esplicite che governano la nostra società. Credo sia un dovere umano e sociale offrire aiuto a queste persone. Sono convinta però che sia diritto di queste persone accettare o rifiutare l'aiuto e le cure che vengono loro offerti.

Considerare i senzatetto malati di mente, senza il diritto di decidere per sé, e costringerli al TSO allo scopo di allontanare queste persone dalle strade della città è per me una proposta che posso solo definire fascista. Com'è, guarda caso Gianni Alemanno.