venerdì 8 gennaio 2010

Grammatica

Ieri mi sono regalata un nuovo libro. Il romanzo L'eleganza del riccio di Muriel Barbery, un bestseller da cui è stato tratto un film ora nelle sale. Del resto da quando ho scoperto (grazie e ancora grazie al Vanni) Daniel Pennac sto rivalutando ampliamente i francesi in quanto depositari di (per me) insospettabile ironia.

Veniamo al dunque: non è un libro facile. Tra le altre cose parla di filosofia (cosa che ormai ho già perdonato a Kundera e alla sua leggerezza dell'essere, e non se ne parli più), di arte (ma non gli perdono di preferire le nature morte fiamminghe alla pittura italiana del '400), di cinema. Volendo fargli le pulci dopo una prima lettura, personalmente avrei dato alla giovane Paloma un linguaggio più semplice, più adatto alla sua età e che avrebbe sottolineato di più l'impostazione a due voci. Ma il libro è bello, mi ha fatto sorridere e commuovere e mi sto apprestando ad una seconda lettura per entrare bene nel dettaglio.

Ma questo libro merita anche una citazione (e già di per sé è un titolo di merito...). Vi ho trovato una stupenda definizione di Grammatica che rivenderò il prima possibile ai miei studenti/cavie.

Io credo che la grammatica sia una via d'accesso alla bellezza. Quando parliamo, quando leggiamo o quando scriviamo, ci rendiamo conto se abbiamo scritto o stiamo leggendo una bella frase. Siamo capaci di riconoscereuna bella espressione o uno stile elegante. Ma quando si fa grammatica, si accede a un'altra dimensione della bellezza della lingua. Fare grammatica serve a sezionarla, guardare come è fatta, vederla nuda, in un certo senso. Ed è una cosa meravigliosa, perché pensiamo: "Ma guarda un po' che roba, guarda un po' come è fatta bene!", "Quanto è solida, ingegnosa, acuta!"

Muriel Barbery, L'eleganza del riccio, Roma, Edizioni e/o, 2007, p. 152

Nessun commento: