giovedì 9 giugno 2011

Solo un'altra partita

 Centurioni che giocano a dadi - Sagrada Familia

Del rapporto CENSIS ne abbiamo scritto e commentato in tanti. E la cosa per me potrebbe anche finire lì, non fosse che mi era rimasto qualcosa a ronzare, qui nella testa, e che ha deciso di uscire proprio adesso.
La via d'uscita in questo caso è stata aperta da un articolo dell'"Unità" su Sabina Guzzanti. L'attrice si è unita a un comitato di quartiere contro l'apertura di un Casinò - Sala Bingo.

E bona lì.

Torniamo al rapporto CENSIS. Parte dalla conclusione che vi sarebbe un sempre minore controllo degli impulsi da parte del cittadino medio italiano. A suffragio una serie di dati su diversi settori: dall'aumento dei reati contro la persona, al minor rispetto di valori condivisi, al maggiore uso di antidepressivi, fino alla diffusione della chirurgia estetica e all'accesso ai social networks.

Di questo hanno parlato, chi meglio chi (purtroppo) peggio un po' tutti.

Ma.

Il rapporto CENSIS aveva altri due paragrafi che nessuno ha citato, anche perché non compresi nel comunicato stampa (a cui i "giornali" hanno cambiato due parole e tre virgole per riprodurlo pari pari, d'altronde, è così che si lavora no?). Uno dei paragrafi tratta il problema di consumo compulsivo, e inizia così:

L’offerta ininterrotta, che è il tratto costitutivo della società dei consumi, è un meccanismo potente che offre a tutti la possibilità di possedere oggetti, relazioni, notizie e conoscenze mai desiderate, che determina una domanda spesso pulsionale, ma in fondo obbligata, di ciò che non si è veramente mai desiderato. Una dimensione pulsionale è quindi certamente ravvisabile anche nella corsa all’acquisizione quasi febbrile degli oggetti.(l'evidenziato è mio)

e prosegue:
Tuttavia, è possibile ritenere che a compiere periodicamente acquisti compulsivi sono quote molto più ampie della popolazione adulta, fino al 90%, e d’altra parte la categoria di “acquisto d’impulso” è notoriamente un caposaldo del marketing, a testimonianza di quanto la pulsione, per definizione improvvisa e incontrollata, giochi un ruolo centrale nelle strategie di promozione e di vendita di beni. 

infine:
E anche a livello macro è in qualche modo possibile evidenziare il legame che connette l’agire impulsivo e il consumo. Infatti, andando oltre la prospettiva economicistica, secondo la quale i consumi delle famiglie rappresentano uno degli elementi portanti del sistema economico del Paese, ed adottandone invece una antropologica, e osservando in questa chiave meno consueta i comportamenti di consumo delle famiglie italiane alla luce dell’andamento complessivo dell’economia nazionale, i dati mettono in luce come i consumi tendano ad avere un andamento meno razionale di quanto ci si potrebbe aspettare.

Ora, sono cose che non sta molto bene dire, specie in un momento di vacche magre, ristagno dei consumi e mancata crescita dell'economia.
Passiamo all'altro paragrafo del rapporto casualmente ignorato dal comunicato stampa. Tratta del gioco d'azzardo. quello legalizzato.

Le dipendenze da gioco d’azzardo sono cresciute enormemente in questi ultimi anni, riducendo progressivamente anche la loro connotazione di genere: con un meccanismo potente di rinforzo reciproco è aumentata l’accessibilità al gioco, la proporzione dei giocatori insieme all’incidenza delle forme patologiche o problematiche.
Nel giro di pochi anni il volume di affari delle scommesse e dei giochi legali ha mostrato una crescita esponenziale, secondo i dati diffusi dall’ AAMS (Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato), nel 2010 la raccolta complessiva è stata di oltre 60 miliardi di euro, contro i 53 dell’anno precedente, mentre uno studio realizzato da Nomisma nel 2007 valutava per quell’anno in poco più di 40 miliardi il volume economico del gioco legale. (Di questa raccolta il 70% circa viene restituita in vincite).



L’analisi più approfondita dei dati AAMS del 2010, per altro, evidenzia come la fattispecie di gioco cui è riconducibile più della metà della spesa sia quella degli “apparecchi”, ossia le slot e le videolotteries, proprio la forma più solitaria di gioco d’azzardo, fondata sul rapporto esclusivo del giocatore con la macchina, priva di ogni parvenza di socializzazione del gioco e ad alto rischio di comportamenti compulsivi.

La statistica dice anche però che quasi la metà della raccolta è costituita da giochi che hanno un grande interesse per lo Stato: lotterie (15,3%), lotto e giochi numerici (14,4%), gioco a base ippica e sportiva (10,2%), bingo (3,1%). Totale 43%. E i danni del gioco compulsivo ben li conosciamo.


Tirando le somme: quello che mi piacerebbe sapere è chi para il culo a chi e perché.

3 commenti:

Guchi chan ha detto...

se lo stato ha bisogno di soldi è chiaro che gli fa gioco (scusa l'uso voluto di questa espressione) la diffusione del gioco d'azzardo in forme che lo rimpinguano. lo shopping superfluo e compulsivo poi è quello che tiene in piedi una larga fascia dell'economia, non solo nostrana ma mondiale; se tutti acquistassero come me, sta pur certa che chiuderebbero parecchi marchi, e non solo! per il resto, siamo sicuri che avrebbe fatto una qualche differenza se i giornali avessero citato anche quei due paragrafi? ho l'impressione che chi è consapevole queste cose le viene comunque a sapere (come hai fatto tu), e a tutti gli altri non frega una cippa perchè sono troppo intenti a dedicarsi al gioco d'azzardo e allo shopping.

eva ha detto...

@Guchi: grazie intanto per essere passata e per aver lasciato un commento!

Ti dirò la verità: io il documento CENSIS sono andata a cercarmelo proprio perché gli articoli, fatti sul comunicato stampa, mi sembravano raffazzonati. Che per carità, va benissimo copiare i comunicati se ci devi fare un trafiletto riempitivo, ma se si vuole intavolare un discorso più complesso sull'andamento sociale del Belpaese, ci si aspetterebbe a ragione toni meno catastrofisti e analisi più sul merito.
Detto questo: secondo me l'importanza dei due paragrafi in questione non è da sottovalutare: lo Stato si comporta con giochi d'azzardo peggio che con le sigarette. Dalla vendita (e gestione della vendita) di queste ricava lauti guadagni ma al contempo fa campagne contro il fumo che fa male e dà dipendenza. Contro il gioco d'azzardo, che è comunque nocivo e dà dipendenza, invece nulla, anzi lo promuove attraverso la pubblicità.
Nei confronti dello shopping compulsivo l'atteggiamento è similare: si tratta di una spia di disagio sociale che viene considerata il meno possibile e anzi utilizzata a livello statistico per dire che "non stiamo così male" e che "se la gente compra beni non di prima necessità (vedi il caso dei cosmetici) vuol dire che alla fin fine i soldi li ha e la crisi non c'è".
Poi non è detto che agli "altri" non freghi una cippa: si può rimanere nella relativa ignoranza per disinteresse (peraltro legittimo, non ci si può interessare a tutto) o per scarsa accessibilità. Io ho prima di tutto del tempo libero che molti altri non hanno. Lo uso per informarmi e magari trascuro i piatti da lavare. Se non vivessi da sola non me lo potrei permettere.

Guchi chan ha detto...

^__^ a me i piatti da lavare toccano eccome, se non altro perchè in famiglia siamo in 4 e dopo due giorni dovremmo mangiare con le mani!!
lo so, con l'età tendo a diventare cinica, ma ne incontro tanta di gente alla quale non gliene può fregare di meno. poi quando si trovano con le pezze ai piedi si lamentano, ma prima... questo comunque non toglie che sia molto importante informare in maniera completa e corretta: è un dovere dei giornalisti che però nel nostro paese viene spesso disatteso (ovvero: quello che fa Ruby ce lo dicono in tutte le salse, il resto no... per i motivi di cui sopra e per altri!).