domenica 25 novembre 2007

Hic & nunc




E i filosofi e i teologi e tutti gli altri
che scrutano le cose che stanno sopra natura o che non si veggono,
dicono mille pazzie, perchè in effetto gli uomini sono al buio delle cose, e
questa indagazione ha servito e serve

più a essercitare gli ingegni che a trovare la verità.

Francesco Guicciardini


Questa settimana ho assistito a Conselve alla presentazione del libro "L'ospite inquietante" di Umberto Galimberti, professore di Filosofia all'Università di Cà Foscari a Venezia. Durante la presentazione Galimberti spiegò come per lui la crisi generalizzata del mondo giovanile dipenda dal nichilismo e dalla indeterminatezza del domani, dall'eccesso di stimoli che conduce ad anestetizzarsi per difesa e sia conseguenza del declino della società occidentale. Ma non voglio parlare di Galimberti e del suo libro, almeno per ora (forse lo farò dopo averlo letto). Ma di una cosa che mi colpì.


Nel discorso dell'autore mi colpì, accanto alle tinte fosche del quadro, la sfiducia del professore nei confronti della psicologìa. Devo dire che anch'io non ho mai visto particolarmente bene questa disciplina, che accanto a Antropologia e Sociologia forma la triade delle scienze sociali. Considerata un poco come la pecora nera nel pantheon dell'Umanistica, forse perchè tendente alla scienza medica (e dalla scienza medica sempre respinta e a pedate), non ha la compostezza aristrocratica della filosofia.


Se però guardo alla realtà della mia vita, vedo come non sia sempre conveniente ragionare per massimi sistemi. Voglio dire che, anche se è senza dubbio utile riconoscere come alcuni dei miei problemi possano essere conseguenza della società in cui vivo, come tutti devo alzarmi la mattina, e non è molto pratico farlo portando il peso del nichilismo del mondo giusto sull'osso di Atlante. Io devo vivere qui e adesso. E così può darsi che la psicologia possa servire a tirar giù la filosofia dal suo "empireo ciel" e aiutarci a vivere e magari a vivere bene. Che poi è la cosa più difficile.


Esta semana fue en Conselve por la presentaciòn de un libro: "L'ospite inquietante" de Umberto Galimberti, filosofo y sociologo italiano. El professor Galimberti explicò como para el la crisis generalizada de los jovenes sea una consecuencia del nihilismo, de la indeterminaciòn del maNana, del exceso de estimulos que lleva a anestesiarse, de la crisis de esta sociedad occidental que probablemente ha llegado a su ocaso. Pero no quiero hablar màs de este libro. Al menos hasta que no lo haya acabado.


Pero algo diferente golpeò mi attencion: una cierta desconfianza del professor respecto a la psicologìa. Yo tambièn no puedo decir de querer mucho esta disciplina, que con Antropologìa y Sociologìa cumple la trìada de las sciencias sociales. Considerada un poco como oveja negra del panteòn de la humanìstica, tendida hacìala sciencia medica (y por esta hechada a patadas), no le pertenece la compostura aristocràtica de la filosofìa.


Si pero miro a lo que es mi vida, veo como no sea aconsejable tomar todo en termino de "màximos sistemas". Quiero decir que si para mi es util reconocer que algunos de mis problemas puedan tener origen en los problemas de la sociedad en que vivo, no es muy pràctico levantarse por la manana con el peso del nihilismo del mundo sobre el hueso de Atlante. Yo tengo que vivir aquì y ahora. Y asì puede que la psicologìa sirva a bajar la filosofìa de su empireo ciel y ayudarnos a vivir y a vivir mejor, que desde siempre es la cosa màs dificil.

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